giovedì 22 ottobre 2015

LA NINFA INCOSTANTE - Guillermo Cabrera Infante

«Quando ci rivediamo?»
Ci sono domande che suonano come boleri.



Guillermo Cabrera Infante è un altro di quegli scrittori sudamericani che conoscevo praticamente solo di nome. Avevo sentito parlare, durante il corso di letteratura ispanoamericana all’Università, del suo Tre tristi tigri, ma, un po’ per la mia difficoltà a pronunciare il titolo, un po’ senza alcun motivo vero e proprio, ne ho sempre rimandato la lettura.
Poi mi è capitato per caso in mano La ninfa incostante, pubblicato in Italia da Sur con la traduzione di Gordiano Lupi. Ne ho letto la quarta di copertina e ho deciso che sì, forse era giunto il momento di leggere qualcosa di questo autore.

La ninfa incostante è una storia d’amore e di passione, tra un giornalista e una volubile ragazzina, Estela, incontrata per caso mentre saliva su un autobus e che di lui fa un po’ quello che vuole. Una relazione che dura solo un estate, fatta di pochi baci e poco sesso, ma tante parole, e che lascia nel protagonista, alter ego di Carbrera Infante, un ricordo indelebile.
La ama e la odia, questa Estela. Al punto da non sapere se volerla sposare o ammazzare, mentre insieme a lei scappa da una madre e da una moglie e gira l’Avana in lungo e in largo per cercare di placare la sua passione. Una passione che non si capisce nemmeno se sia corrisposta o meno, perché sta ragazzina è davvero una ninfa incostante, che non parla mai d'amore, non capisce quasi mai ciò che lui le dice e che ammalia un po’ tutti, soprattutto amici e parenti di Cabrera Infante.  
Un bolero, una canzone d’amore romantica e passionale, un tira e molla continuo, che segnerà per sempre la vita dell’uomo.

La baciai.
«Perché l’hai fatto?».
«Perché ti amo. L’amore, come sai, dà il diritto di andare dritti al sodo».
sembrava che volesse schiaffeggiarmi e alla fine lo fece: Schiaf! Me lo diede così forte che sembrò uno zaf con la zeta.
«Perché l’hai fatto?»
«Perché credo di amarti ma non voglio»
si avvicinò a me e, lo crediate o meno, mi baciò. Mi allontanai da lei.
«Allora, perché mi baci?».
«Perché voglio».

Ancor prima della trama, che rivisita un po’ tutte le storie d’amore letterarie più conosciute, la cosa che più di tutto si nota è lo stile di Guillermo Cabrera Infante. Uno stile che ho trovato geniale, fatto di giochi di parole (che rendono molto anche in traduzione, e possono immaginare quanto sia stato complesso per Gordiano Lupi riuscire in questo intento, quindi bravo!), rime, citazioni letterarie e strofe di boleri, battute e ironie che l’autore ha messo in bocca al suo alter ego cartaceo.

Come dice Mario Vargas Llosa nel saggio “Cabrera Infante, l’illusionista delle parole”, pubblicato in calce al romanzo:
L’umorismo è il suo modo di scrivere, ovvero qualcosa di molto serio, che compromette profondamente la sua esistenza. È il suo modo di difendersi dalla vita, il metodo sottile di cui si avvale per disattivare le aggressioni e le frustrazioni che lo minacciano ogni giorno, scomponendole in miraggi retorici, giochi e scherzi
E qui, in La ninfa incostante, questo umorismo, questi giochi verbali, vengono usati dal protagonista proprio per cercare di placare la valanga di emozioni contrastanti che questa ragazzina gli provoca, soprattutto perché lei ne sembra completamente immune (la maggior parte delle volte lei risponde di non aver capito nulla di quello che l’uomo sta dicendo).

Non è una lettura semplice questa. O meglio, lo è, ma solo se ci si lascia trasportare dalle parole senza rifletterci troppo. E non è facile fidarsi così tanto di uno scrittore da lasciarsi condurre da lui. 
Ma se vi lasciate andare, se vi affidate a lui, vi ritroverete coinvolti in un gran bolero per le vie dell’Avana. Magari vi perderete qualcosa, tra tamburi e musica appassionata, tra baci e parole, ma alla fine non potrete che rimanere a bocca aperta.
L’Avana era una città dove si ricominciava sempre. L’Avana pare- appare- indistruttibile nel ricordo: questo la rende immortale. Perché le città, come gli uomini, muoiono. Una battuta che andava di moda nella Cuba del 1955 diceva:« Dimentica il tango e canta un bolero». Voleva dire: lascia perdere il lato drammatico delle cose e racconta quello sentimentale. Non poteva esserci cosa più vera – allora come oggi.



Titolo: La ninfa incostante
Autore: Guillermo Cabrera Infante
Traduttore: Gordiano Lupi
Pagine: 267
Editore: SUR
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formato brossura: La ninfa incostante

1 commento:

  1. Amo incondizionatamente Cabrera Infante. Ho letto tutto di lui, in italiano e in lingua originale. I libri che non ci sono me li sono fatti mandare da Spagna e Università, li ho fotocopiati... Purtroppo in Italia non è autore apprezzato. Un vero peccato. L'Avana per un infante defunto è il suo capolavoro.

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