martedì 7 giugno 2011

A UN CERBIATTO SOMIGLIA IL MIO AMORE- David Grossman

Israele, guerra dei Sei Giorni. Avram, Orah e Ilan, sedicenni, sono ricoverati nel reparto di isolamento di un ospedale di Gerusalemme. I tre ragazzi si uniscono in un'amicizia che si trasformerà, molto tempo dopo, nell'amore e nel matrimonio tra Orah e Ilan. Dopo trentasei anni, Orah è una donna separata, madre di due figli, Adam e Ofer. Quest'ultimo, militare di leva, accetta di partecipare a un'incursione in Cisgiordania. Preda di un oscuro presentimento, Orah decide di abbandonare tutto e partire, per non essere presente quando gli ufficiali dell'esercito verranno a darle la notizia della morte del figlio. Ad accompagnare la donna c'è Avram, ricomparso nella sua vita dopo più di un ventennio. Il loro viaggio diventa occasione di riflessione e di rimpianto, ma anche di gioia e tenera rievocazione. Fino a che arriverà il momento di tornare a fare i conti con il presente che, tutt'intorno, preme inesorabile.

C'è stato un momento, intorno a pagina 75, in cui ho pensato seriamente di abbandonare questo libro. Se ci metto due giorni a leggere 75 pagine, quanto mi ci vorrà a leggerne 780? Poi per fortuna ho deciso di andare avanti e superato il capitolo iniziale, funzionale alla storia perché spiega da dove nasce il legame tra i tre protagonisti, ma di cui avrei fatto volentieri a meno, il romanzo scorre abbastanza bene. Certo rimangono 780 pagine in stile Grossman, tanto bello e coinvolgente quanto difficile da leggere, e due settimane buone per leggerlo mi ci sono volute. Ma devo ammettere che mi è piaciuto. Parla di guerra e lo fa in modo diretto e senza sconti, parla di violenza, di torture e di morte. E parla anche di come sopravvive chi resta o chi riesce a tornare. Parla della guerra del passato, con il triangolo amoroso di Orah, Ilan e Avram che si trascinerà nel tempo, anche quando Avram tornato dopo aver subito le peggiori torture avrà perso tutta la sua voglia di vivere. E parla della guerra attuale, in cui combatte il figlio di Orah (e in cui ha perso la vita il figlio di Grossman). Il tutto durante un viaggio che Orah fa per non essere in casa se e quando arriveranno gli ufficiali a comunicarle la morte del figlio, e nel quale si trascina dietro quasi per caso Avram. Un viaggio che fa i conti con un passato incancellabile e che lascia un'incognita gigantesca sul futuro.
Ho letto diversi commenti che "criticavano" il finale non finale scelto da Grossman. E in parte potrei anche essere d'accordo (ma come? Mi sorbisco 780 pagine e alla fine rimane tutto così sospeso?). Però forse è l'unico finale possibile.

Insomma, un altro bellissimo romanzo di Grossman, che trasmette emozioni e fa aprire gli occhi su tante cose. Ma che ha almeno un centinaio di pagine di troppo. Però non fatevi scoraggiare, rassegnatevi al fatto che non lo divorerete ma che vi richiederà parecchio tempo, e leggetelo.

Nota alla traduzione: un po' di note per certi termini ebraici credo intraducibili. Per il resto non c'è male.

2 commenti:

  1. Mi hanno regalato questo libro, ma non ho mai avuto lo stimolo per iniziarlo. Ora grazie alla tua recensione lo farò presto :)

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